mercoledì 31 ottobre 2007

sulla categorizzazione e, ancora, sugli schemi

Il processo di categorizzazione afferisce all'organizzazione del sistema cognitivo dell'individuo e va riferito alla capacità - peculiare di tale sistema - di equilibrare le ridondanze sensoriali che caratterizzano la relazione con l'ambiente fisico e sociale.
Se ci si sofferma a riflettere sulla enorme quantità di informazioni sensoriali che, in qualsiasi momento della propria giornata, una qualsiasi persona è 'costretta' ad accogliere ben si comprende la necessità di operare selezioni e semplificazioni atte a ridurre e disciplinare il traffico informativo in ingresso.
Se la sensazione può essere funzionalmente identificata come la modificazione passiva dell'organo di senso (della sua condizione di equilibrio precedente) e la percezione come il risultato dell'elaborazione attiva delle informazioni connesse alle predette modificazioni sensoriali, il processo di categorizzazione è parte della 'procedura' adottata per definire i caratteri degli elementi che entrano nella costruzione percettiva.
Categorizzare è rendere equivalenti cose distinguibilmente differenti, aggruppare gli oggetti, gli eventi e le persone intorno a noi in classi, e rispondere ad essi nei termini della loro appartenenza ad una certa classe, anziché della loro singolarità.

La categorizzazione è altresì quel processo che consente l'identificazione e il riconoscimento di un oggetto o di un qualsiasi stimolo sociale. A tal fine è infatti necessario che sia possibile per l'individuo determinare le somiglianze e le differenze dell'oggetto o dello stimolo in rapporto agli altri oggetti e stimoli.
La letteratura è concorde nel riconoscere che i due grandi tipi di risposte categorizzatrici, l'uno basato sulla risposta d'identità e l'altro sulla risposta d'equivalenza, sono modalità non discontinue di funzionamento del nostro sistema percettivo. In altri termini, la percezione d'identità e quella d'equivalenza sono espressione di una competenza categorizzatrice che è specie-specifica e che si sviluppa attraverso il processo di maturazione e l'apprendimento. E' importante sottolineare che se quella del categorizzare è una disposizione neurofisiologicamente ancorata, di ordine generale, le modalità del categorizzare sono ampiamente dipendenti dai fattori storici e culturali. In altri termini l'atto del categorizzare (il processo) è una disposizione universale, i contenuti e le forme del categorizzare sono peculiarmente particolari (espressioni sociali).
Il processo di categorizzazione è pertanto argomento di grande interesse per gli psicologi della percezione e dell'apprendimento o dell'età evolutiva che dir si voglia per quel che riguarda le basi generali del processo e lo sviluppo delle categorie in quanto tali. Gli psicologi sociali sono interessati alle categorie in quanto esse sostengono specifiche rispo¬ste d'identità e d'equivalenza nell'ambito della relazione interpersonale (specificamente a livello d'intergruppo) che sono riconducibili alle formazioni culturali e sociali di riferimento al cui interno l'individuo è socializzato. Esisterebbe, in altri termini, un'analogia strutturale tra valutazioni di stimoli fisici e giudizi stereotipati riferentesi a persone in funzione della loro appartenenza a gruppi etnici o nazionali. La stereotipia, in questo caso, consiste nell'attribuire caratteristiche simili a diversi membri di un medesimo gruppo, senza tener sufficientemente conto delle differenze che possono esistere tra di essi.
La funzione della categorizzazione - si ribadisce - è quella di semplificare e organizzare la realtà percepita o, detto più radicalmente, di costruire una realtà sufficientemente semplice ed organizzata per poterci vivere. In altri termini il categorizzare è funzionale all'azione.
Proprio perché essenziali nel processo di costruzione della realtà, le categorie non possono essere considerate come meramente definitorie e neutre in rapporto all'individuo. Le categorie non sono 'cassetti' geneticamente predisposti che l'individuo userà per collocarvi deterministica¬mente gli stimoli che la realtà oggettiva gli fornisce. La realtà è anche costruita attivamente dall'individuo utilizzando la competenza categorizzatrice secondo modalità che non sono rigidamente prefissate. Certo è che, in ragione dello sviluppo dell'identità psicologico-sociale della persona, le categorie - in quanto sistema organizzato - tendono a svolgere una funzione sempre più marcata di formattazione dell'informazione: le categorie codificando e decodificando il dato dell'esperienza (ovvero interpretando l'esperienza) creano l'informazione.
Così la possibilità per l'individuo di identificare gli oggetti è funzione del fatto che gli stessi oggetti possiedono delle caratteristiche che appaiono invarianti, alla luce della loro collocazione categoriale.
Richiamandoci al concetto di "equilibrio quasistazionario" [Lewin 1951] che permette di dar conto di una relativa stabilità in un sistema di rapporti strettamente interdipendenti - come ben precisa Palmonari - la costanza degli oggetti rinvia, a sua volta, alla coerenza del sistema di categorizzazione degli individui. E' in base alla stabilità dell'ambiente e alla coerenza psicologica che l'individuo può fare previsioni sugli oggetti, sulle persone, sugli avvenimenti sociali.
Un ruolo fondamentale nell'ambito del processo di organizzazione-costruzione categoriale della realtà è concordemente attribuito al linguaggio. Esiste, al riguardo, una storica disputa tra i sostenitori della concezione delle categorie linguistiche come abito e i sostenitori della concezione stampo. Nel primo caso si sostiene che le categorie lessicali si adattano alle categorie del pensiero, nel secondo che le parole orientano i modi con cui pensiamo la realtà. Si può osservare che questa distinzione è essa stessa esempio di categorizzazione e che, ovviamente, i sostenitori dell'una e dell'altra posizione tendono ad accumulare elementi a sostegno dell'una o dell'altra tesi. Non è una mera esigenza di compromesso che ci fa sostenere che ambedue le posizioni sono compatibili con la natura funzionale del processo di categorizzazione. Non solo, si può aggiungere che le categorie lessicali svolgono una funzione stampo o abito in ragione della centralità e rilevanza da esse assunte all'interno della cultura sociale a cui partecipano gli individui che le usano. Ad esempio, nella società italiana, le parole fascista, cattolico, comunista orientano il pensiero (comportando specifici stili di relazione con gli altri) in misura molto più accentuata di quanto non avvenga in base a categorie linguistiche quali luterano o calvinista. E' chiaro che per approfondire tale questione bisogna considerare l'influenza del sistema di valori nel quadro dell'identità sociale. Sicché il processo di categorizzazione è di grande rilievo nell'ambito dell'analisi psicosociale in ordine ai temi delle relazioni intergruppo e dello sviluppo di stereotipie e pregiudizi.
Possiamo infine osservare che le nozioni di categoria e di categorizzazione, nonostante la grande accumulazione di contributi sperimentali e di analisi teoriche, continuano ad essere nozioni ambigue che sfuggono ad ogni tentativo di fondazione assoluta. Ciò - si ritiene - anziché costituire un elemento di debolezza della nozione può costituire il suo punto di forza, laddove se ne riconosce il carattere strategico. Le categorie sono dei mediatori tra pensiero e linguaggio, tra soggettività, intersoggettività e realtà (presunta). Il pensiero categoriale più fecondo si oppone alle rigide distinzioni e purtuttavia riconosce la distinzione come base del processo categoriale.

In modo più specifico rispetto alla categorizzazione, la categorizzazione sociale implica il raggruppare persone, comportamenti, oggetti ed eventi in base a classi di significato che conseguono alla propria posizione sociale (identità sociale ed appartenenza gruppale) ed al sistema di valori che soggiace a tale collocazione.
Dal punto di vista processuale non si può stabilire un confine tra la categorizzazione dei fatti sociali e quella degli oggetti ed eventi naturali. Sempre e comunque, alla base del categorizzare vi è l'esigenza di organizzare l'ambiente ai fini dell'azione.
Tuttavia possiamo cogliere la specificità sociale del categorizzare se facciamo riferimento a due dimensioni distinte di questo fondamentale processo cognitivo: le influenze sociali sul processo di categorizzazione ed i suoi contenuti sociali.
Se categorizzare è un processo naturale (specie-specifico), il modo in cui noi classifichiamo ed organizziamo le informazioni che provengono dall'ambiente non è una diretta, semplice conseguenza di pattern naturali, inscritti nella nostra mente o derivanti dal modo stesso con cui gli elementi dell'ambiente si impongono alla nostra percezione.
Il categorizzare è un processo attivo e finalizzato all'azione che è significativamente orientato da sistemi di riferimento sociali (le culture con i loro valori, credenze, ecc.) e più ancora dal fatto stesso che ciascun individuo è, all'interno del sistema sociale, includibile in categorie. Con l'espressione categorizzazione sociale facciamo quindi riferimento al fatto che la percezione e l'interpretazione che diamo alle informazioni che via via riceviamo è influenzata da condizioni socialmente rilevanti (a livello di relazioni interpersonali, di identità sociale ed integrazione gruppale).
Inoltre, con l'espressione categorizzazione sociale ci si riferisce ai contenuti ovvero agli elementi sociali (specificamente individui e comportamenti) che sono oggetto di categorizzazione.
Da questo punto di vista nella prospettiva indicata da Tajfel, "il modo in cui un individuo o una cultura identificano somiglianze e differenze fra persone e gruppi del loro ambiente è il fondamento su cui si basa ogni rapporto sociale quotidiano. La categorizzazione sociale è dunque molto di più di un fatto puramente cognitivo: essa è centrale per la vita sociale, ed in quanto tale è soggetta alle influenze ed alle distorsioni delle complesse e variegate culture in cui si presenta."

La categorizzazione e, quindi, anche la categorizzazione sociale servono a semplificare la nostra vita; a consentire di muoverci all'interno della società limitando il dispendio di energie valutative connesso alle diverse necessità di orientamento ed azione.
In effetti le categorie svolgono adeguatamente la loro funzione proprio perché ci consentono di approssimarci alla realtà più che di coglierla nella sua ipotetica consistenza e veridicità. Le approssimazioni sono essenziali ai fini della riduzione della complessità e quindi dell'efficienza operativa. Anche gli errori di giudizio sono una conseguenza inevitabile del categorizzare. Il paradosso sta nel fatto che l'efficacia del processo di categorizzazione è alla base delle sue inefficienze.


Gli schemi sono modelli semplificati di lettura ed approccio della realtà: sono dei "precotti nel surgelatore della nostra mente". L’impiego degli schemi favorisce la velocità di eleborazione dell'informazione, il processo di codifica e di richiamo delle informazioni.
Gli schemi intervengono nel riempire spazi vuoti.

Si riconoscono generalmente quattro tipi di schemi:
Schemi di persone
Schemi di sé
Schemi di ruolo
Schemi di eventi (scripts)

Schemi di persone
Nel linguaggio comune, oltre che nel linguaggio scientifico, ricorrono quadri interpretativi delle differenze e somiglianze personali in forma di tipi psicologici (ad es: introverso versus estroverso). Gli schemi di persona sono tipicamente richiamati allorchè dobbiamo descrivere ad un nostro interlocutore una terza persona che egli non conosce. Anche i tipi zodiacali sottendono degli schemi di persona.

Schemi di sé
Consistono in generalizzazioni cognitive autoreferenziali (Markus, 1977). Attraverso gli schemi di sé l’individuo costruisce un’immagine propria coerente, in grado di sostenere l’organizzazione del ricordi sotto forma di memoria autobiografica, di contribuire ad anticipare e controllare il comportamento ed atta ad essere rappresentata socialmente.

Schemi di ruolo
Noi ci attendiamo che le persone si comportino in relazione alle attribuzioni del ruolo sia sociale sia professionale che le contraddistinguono e che noi riconosciamo loro.

Schemi di eventi (scripts)
Si tratta della rappresentazione di una sequenza coerente - dal punto di vista temporale e della concatenazione causale - di eventi caratteristici della vita quotidiana. Possiamo altresì concepire la quotidianità come un insieme organizzato di scripts che orientano le aspettative degli attori sociali.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

salve prof. una domanda. E' la categorizzazione (processo cognitivo che ci permette di sezionare il mondo, differenziarlo), che porta alla formazione del pregiudizio.

Stani Smiraglia ha detto...

perchè non considerare la tua domanda, rivolta a me, invece rivolta ai colleghi? provate a rispondere semplicemente, anche con un VERO o FALSO ma provate anche da a dare una spiegazione del vostro vero-falso (ma come psicologi sociali). è un ottimo esercizio e vi da sicurezza. mi riservo di intervenire al momento opportuno.

Anonimo ha detto...

in risposta alla domanda di giad83. è VERO

Anonimo ha detto...

Ciao Giad83,
a mio avviso la risposta alla tua domanda è VERO, ora cerco di spiegarti il perchè (sempre a mio avviso,è!!).
La categorizzazione, è facile interderlo, è un processo che deriva direttamente dalle categorie e, in particolar modo è il processo in base al quale noi riusciamo a raggruppare le persone, le cose, i fatti, insomma tutto ciò che ci circonda, in base a caratteristiche comuni che rendano, per esempio un particolare oggetto, più simile ad uno piuttosto che ad un altro (es: uomo/uomo, donna/donna etc).
Nel momento in cui questo processo di catalogazione sfocia nel pensare una categoria da noi individuata o molto positivamente (ma è raro, secondo me) o molto negativamente, indipendentmente dal contesto in cui la situazione stessa si cala, si cade nel pregiudizio. Ti faccio un esempio che ti potrebbe essere utile: posso conoscere delle persone extracomunitarie che abitano nel mio quartiere (extra-comunitario= categoria) e avere in mente il prototipo (cioè l'idea originaria) che l'extra-comunitario sia una persona inaffidabile, delinquente etc (o l'esatto contrario se vuoi)... Estremizzando la situazione io posso pensare che la categoria dell'extra-comunitario sia SOLO delinquente e poco affidabile, magari non considerando che il marocchino che abita nell'appartamento sottostante il mio è un ingegnere di ottima reputazione, onesto, con una famiglia per bene etc...
Quindi dalla catalogazione, con una DISTORSIONE della realtà, io posso passare alla formazione di un pregiudizio ( che tutto sommato è esprimere un giudizio prima ancora del contatto diretto con l'esperienza della categoria).
Esso, se avrai notato, è legato allo stereotipo (che è generalizzazione per eccellenza), ossia estendere le caratteristiche di una particolare soggetto di una categoria a tutti i componenti della categoria stessa. ( es: Mario mi ha fatto soffrire...Mario è un uomo... tutti gli uomini fanno soffrire...) E' un pò socratico come discorso, però ti può aiutare...
Spero di non averti confusa ulteriormente...Ho cercato di spiegarti il concetto a modo mio, c'ho provato.Ciao.

Anonimo ha detto...

Anche secondo me è vero.
Il riferimento al sillogismo di anonima curiosa è molto interessante: mi ha illuminato sulla nostra maniera di categorizzare (quindi di formulare stereotipi, pregiudizi, ecc.).
A noi basta fare esperienza di 1 situazione, che siamo subito pronti ad sovrapporla a tutti gli aspetti della realtà.
Siamo un po' come quel tacchino al quale veniva servita la "pappa" regolarmente ogni mattina, sempre alla stessa ora. La procedura si ripeteva ogni giorno, pertanto il nostro tacchino formulò una teoria secondo cui "Ogni mattino, sempre alla stessa ora, mi portano da mangiare". Una teoria che si rivelò valida fino al mattino del 25 dicembre, quando il nostro tacchino si ritrovò, ben arrostito, su una tavola imbandita...

Stani Smiraglia ha detto...

senz'altro anomico: la risposta di anonima curiosa è corretta e molto ben articolata, l'ho veramente apprezzata...così come ho apprezzato la storia del tacchino..spero che il vostro stile possa suggerire il giusto approccio a molti altri colleghi

Anonimo ha detto...

Sono appena stato in chat. E mi sono fatto 1 fegato come una zampogna.
Secondo molta gente gli slavi meritano la pulizia etnica, o almeno di essere espulsi in massa. Addirittura uno diceva di conoscere i negri come persone rispettose della legge, mentre slavi ed ebrei VIVONO NELL'ANOMIA.
BOH. E se provavo a paragonare la situazione attuale con quella del primo '900 in USA o in Svizzera, mi veniva detto che i tempi sono cambiati. MAH. Secondo me si esprimono (anzi, noi tutti ci esprimiamo) in termini che nella storia sono simasti immutati:
NOI vs LORO.
Se questo non è 1 esempio di categorizzazione...

Anonimo ha detto...

Ciao Anomico,
cerca chat più divertenti invece di farti "fare" il fegato... Parlare di temi così delicati in una chat è difficile...Si sta dietro ad un computer e si può dire ciò che si vuole ( anche noi qua sopra possiamo straparlare, ma poi sono i fatti quelli che contano)...Certi temi hanno bisogno di un riscontro reale e di una discussione anche a quattro occhi, secondo me (nel nostro caso il riscontro potrebbe essere la lezione del prof, anche se nussuno dice mai più di una o due parole...).
Almeno che tu non abbia scelto una chat a tema, ma in quel caso credo che avresti dovuto trovare più tolleranza verso certe situazioni!!
Comunque, in base a quello che hai detto, credo che quelle persone sia state più un esempio di stereotipia piuttosto che di categorizzazione. Hanno generalizzato il fatto che "TUTTI" gli ebrei e "TUTTI" gli slavi sono ANOMICI (che parolone, poi, che hanno usato)...
Ti saluto e occhio alla rete!!!(sarà che ci sono caduta anche io nella trappola...)!
Ciao!

Anonimo ha detto...

cerco qualcuno che mi sappia dire gli argomenti che si portano all'esame di sociologia perchè mi hanno detto che il prof non vuole tutto grazie

Anonimo ha detto...

non è vero che il proff di SOCIOLOGIA non vuole tutto... lui ha esplicitamente detto che l'esame si svolgeràoralmente e ad ognuno di noi saranno fatte 2 domande una sul compendio ed una su uomini di camorra.. cmq se ho capito male qualcuno mi corregga. ciao

Anonimo ha detto...

raga qualcuno si ricorda com'era la domanda del primo test sul comportamento prosociale e se era vera o falsa?

Anonimo ha detto...

Salve a tutti..sono alle prese con la categorizzazione...
Il concetto credo di averlo capito: La categorizzazione è un processo cognitivo che ci permette di distinguere (e quindi separare) elementi potenzialmente uguali. Tale processo punta all'equilibrio del nostro sistema cognitivo, "bombardato" da continue informazioni provenienti dall'ambiente esterno.Per identificare e riconoscere tali informazioni, e per "fare economia" (risparmio cognitivo), selezioniamo e semplifichiamo tali informazioni e le organizziamo in categorie. es. consideriamo il concetto di aspetto fisico (concetto evanescente): categorizziamo il bello e il brutto. La differenziazione categoriale ci permette di accentuare le differenze tra elementi vicini (il bello e il brutto riguardano entrambi l'aspetto fisico e sono dunque vicini) ma appartengono a 2 categorie differenti. (Mi corregga se sbaglio prof). Ma "l'accentuazione delle somiglianze tra gli elementi diversi di una stessa categoria"????? posso avere qualche chiarimento in più o almeno un esempio???? Spero di essere stata chiara.
Grazie mille.

Anonimo ha detto...

salve professore........ x curiosita ...volevo chiederle come e possibile rompere uno schema
la ringrazio....

Anonimo ha detto...

Caro Angelo, anche se non sono il professore, vorrei rispondere alla tua domanda: secondo me anche se tu prendessi la tua testa e la sbattessi contro il muro...non riusciresti a rompere uno schema... Da qui il detto: "le persone non cambiano mai" e, anche se sembra che lo facciano... credimi, per la mia piccola esperienza, posso assicurarti che è solo un cambiamento momentaneo...perchè poi lo schema, gli schemi, anzi, riaffiorano... Almeno che, tu, intestardito e con la tua voglia di cambiare, non inizi ad importi nei confronti di te stesso, ma uno schema, spesso ci fa agire inconsapevolmente...sarebbe un duro lavoro di analisi dei propri schemi... E poi guarda: è così difficile far cambiare gli schemi altrui ( con tutto che sembra più facile riuscire a comprenderli perchè li vediamo da fuori)... figuriamoci con i nostri schemi quanto sia difficile...
Se tu ci riuscissi fammi sapere come hai fatto...che ho un paio di cosette da aggiustare... Ciao.

Anonimo ha detto...

Ciao anonima curiosa ..
le persone e la societa sn un risultato di una serie di schemi qsto e vero ma se fosse solo questo non esisterebbero i cambiamenti forse neanche la societa stessa si sarebbe evoluta
e neanche noi potremmo cambiare
faccio un esempio: se noi subissimo un trauma durante la nostra vita allora e li che gli schemi entrano in crisi e allora sarebbe fondamentale un cambiamento
per andare avanti e raggiungere una nuova stabilita
in realta penso che se noi riuscissimo a farci una analisi interiore e scavare dentro noi stessi e capire cosa vogliamo etc...cosa crediamo....cosa sia giusto o sbagliato e acquisire una maggiore convinzione di noi stessi
forse senza saperlo riproduciamo degli schemi nostri personali che con il tempo si solidifino.....

Stani Smiraglia ha detto...

mi spiace deluderti Angelo, ma gli schemi sono come i sofficini findus..non potrai mai dire che li hai veramente preparati tu! per quanto riguarda il mutamento degli schemi ripensa al concetto di equilibrio quasi-stazionario, può aiutarti.
L'errore concettuale è quello di pensare che la "spontaneità" con cui applichiamo gli schemi sia un indice del fatto che gli schemi siano una nostra personale elaborazione. Gli schemi sono anzitutto un prodotto culturale della nostra socialità biologica.
fattene una ragione.. e forse qualche piccolo spazio di indipendenza del giudizio può affermarsi (senza doversi rompere la testa contro il muro)