mercoledì 31 ottobre 2007

sulla categorizzazione e, ancora, sugli schemi

Il processo di categorizzazione afferisce all'organizzazione del sistema cognitivo dell'individuo e va riferito alla capacità - peculiare di tale sistema - di equilibrare le ridondanze sensoriali che caratterizzano la relazione con l'ambiente fisico e sociale.
Se ci si sofferma a riflettere sulla enorme quantità di informazioni sensoriali che, in qualsiasi momento della propria giornata, una qualsiasi persona è 'costretta' ad accogliere ben si comprende la necessità di operare selezioni e semplificazioni atte a ridurre e disciplinare il traffico informativo in ingresso.
Se la sensazione può essere funzionalmente identificata come la modificazione passiva dell'organo di senso (della sua condizione di equilibrio precedente) e la percezione come il risultato dell'elaborazione attiva delle informazioni connesse alle predette modificazioni sensoriali, il processo di categorizzazione è parte della 'procedura' adottata per definire i caratteri degli elementi che entrano nella costruzione percettiva.
Categorizzare è rendere equivalenti cose distinguibilmente differenti, aggruppare gli oggetti, gli eventi e le persone intorno a noi in classi, e rispondere ad essi nei termini della loro appartenenza ad una certa classe, anziché della loro singolarità.

La categorizzazione è altresì quel processo che consente l'identificazione e il riconoscimento di un oggetto o di un qualsiasi stimolo sociale. A tal fine è infatti necessario che sia possibile per l'individuo determinare le somiglianze e le differenze dell'oggetto o dello stimolo in rapporto agli altri oggetti e stimoli.
La letteratura è concorde nel riconoscere che i due grandi tipi di risposte categorizzatrici, l'uno basato sulla risposta d'identità e l'altro sulla risposta d'equivalenza, sono modalità non discontinue di funzionamento del nostro sistema percettivo. In altri termini, la percezione d'identità e quella d'equivalenza sono espressione di una competenza categorizzatrice che è specie-specifica e che si sviluppa attraverso il processo di maturazione e l'apprendimento. E' importante sottolineare che se quella del categorizzare è una disposizione neurofisiologicamente ancorata, di ordine generale, le modalità del categorizzare sono ampiamente dipendenti dai fattori storici e culturali. In altri termini l'atto del categorizzare (il processo) è una disposizione universale, i contenuti e le forme del categorizzare sono peculiarmente particolari (espressioni sociali).
Il processo di categorizzazione è pertanto argomento di grande interesse per gli psicologi della percezione e dell'apprendimento o dell'età evolutiva che dir si voglia per quel che riguarda le basi generali del processo e lo sviluppo delle categorie in quanto tali. Gli psicologi sociali sono interessati alle categorie in quanto esse sostengono specifiche rispo¬ste d'identità e d'equivalenza nell'ambito della relazione interpersonale (specificamente a livello d'intergruppo) che sono riconducibili alle formazioni culturali e sociali di riferimento al cui interno l'individuo è socializzato. Esisterebbe, in altri termini, un'analogia strutturale tra valutazioni di stimoli fisici e giudizi stereotipati riferentesi a persone in funzione della loro appartenenza a gruppi etnici o nazionali. La stereotipia, in questo caso, consiste nell'attribuire caratteristiche simili a diversi membri di un medesimo gruppo, senza tener sufficientemente conto delle differenze che possono esistere tra di essi.
La funzione della categorizzazione - si ribadisce - è quella di semplificare e organizzare la realtà percepita o, detto più radicalmente, di costruire una realtà sufficientemente semplice ed organizzata per poterci vivere. In altri termini il categorizzare è funzionale all'azione.
Proprio perché essenziali nel processo di costruzione della realtà, le categorie non possono essere considerate come meramente definitorie e neutre in rapporto all'individuo. Le categorie non sono 'cassetti' geneticamente predisposti che l'individuo userà per collocarvi deterministica¬mente gli stimoli che la realtà oggettiva gli fornisce. La realtà è anche costruita attivamente dall'individuo utilizzando la competenza categorizzatrice secondo modalità che non sono rigidamente prefissate. Certo è che, in ragione dello sviluppo dell'identità psicologico-sociale della persona, le categorie - in quanto sistema organizzato - tendono a svolgere una funzione sempre più marcata di formattazione dell'informazione: le categorie codificando e decodificando il dato dell'esperienza (ovvero interpretando l'esperienza) creano l'informazione.
Così la possibilità per l'individuo di identificare gli oggetti è funzione del fatto che gli stessi oggetti possiedono delle caratteristiche che appaiono invarianti, alla luce della loro collocazione categoriale.
Richiamandoci al concetto di "equilibrio quasistazionario" [Lewin 1951] che permette di dar conto di una relativa stabilità in un sistema di rapporti strettamente interdipendenti - come ben precisa Palmonari - la costanza degli oggetti rinvia, a sua volta, alla coerenza del sistema di categorizzazione degli individui. E' in base alla stabilità dell'ambiente e alla coerenza psicologica che l'individuo può fare previsioni sugli oggetti, sulle persone, sugli avvenimenti sociali.
Un ruolo fondamentale nell'ambito del processo di organizzazione-costruzione categoriale della realtà è concordemente attribuito al linguaggio. Esiste, al riguardo, una storica disputa tra i sostenitori della concezione delle categorie linguistiche come abito e i sostenitori della concezione stampo. Nel primo caso si sostiene che le categorie lessicali si adattano alle categorie del pensiero, nel secondo che le parole orientano i modi con cui pensiamo la realtà. Si può osservare che questa distinzione è essa stessa esempio di categorizzazione e che, ovviamente, i sostenitori dell'una e dell'altra posizione tendono ad accumulare elementi a sostegno dell'una o dell'altra tesi. Non è una mera esigenza di compromesso che ci fa sostenere che ambedue le posizioni sono compatibili con la natura funzionale del processo di categorizzazione. Non solo, si può aggiungere che le categorie lessicali svolgono una funzione stampo o abito in ragione della centralità e rilevanza da esse assunte all'interno della cultura sociale a cui partecipano gli individui che le usano. Ad esempio, nella società italiana, le parole fascista, cattolico, comunista orientano il pensiero (comportando specifici stili di relazione con gli altri) in misura molto più accentuata di quanto non avvenga in base a categorie linguistiche quali luterano o calvinista. E' chiaro che per approfondire tale questione bisogna considerare l'influenza del sistema di valori nel quadro dell'identità sociale. Sicché il processo di categorizzazione è di grande rilievo nell'ambito dell'analisi psicosociale in ordine ai temi delle relazioni intergruppo e dello sviluppo di stereotipie e pregiudizi.
Possiamo infine osservare che le nozioni di categoria e di categorizzazione, nonostante la grande accumulazione di contributi sperimentali e di analisi teoriche, continuano ad essere nozioni ambigue che sfuggono ad ogni tentativo di fondazione assoluta. Ciò - si ritiene - anziché costituire un elemento di debolezza della nozione può costituire il suo punto di forza, laddove se ne riconosce il carattere strategico. Le categorie sono dei mediatori tra pensiero e linguaggio, tra soggettività, intersoggettività e realtà (presunta). Il pensiero categoriale più fecondo si oppone alle rigide distinzioni e purtuttavia riconosce la distinzione come base del processo categoriale.

In modo più specifico rispetto alla categorizzazione, la categorizzazione sociale implica il raggruppare persone, comportamenti, oggetti ed eventi in base a classi di significato che conseguono alla propria posizione sociale (identità sociale ed appartenenza gruppale) ed al sistema di valori che soggiace a tale collocazione.
Dal punto di vista processuale non si può stabilire un confine tra la categorizzazione dei fatti sociali e quella degli oggetti ed eventi naturali. Sempre e comunque, alla base del categorizzare vi è l'esigenza di organizzare l'ambiente ai fini dell'azione.
Tuttavia possiamo cogliere la specificità sociale del categorizzare se facciamo riferimento a due dimensioni distinte di questo fondamentale processo cognitivo: le influenze sociali sul processo di categorizzazione ed i suoi contenuti sociali.
Se categorizzare è un processo naturale (specie-specifico), il modo in cui noi classifichiamo ed organizziamo le informazioni che provengono dall'ambiente non è una diretta, semplice conseguenza di pattern naturali, inscritti nella nostra mente o derivanti dal modo stesso con cui gli elementi dell'ambiente si impongono alla nostra percezione.
Il categorizzare è un processo attivo e finalizzato all'azione che è significativamente orientato da sistemi di riferimento sociali (le culture con i loro valori, credenze, ecc.) e più ancora dal fatto stesso che ciascun individuo è, all'interno del sistema sociale, includibile in categorie. Con l'espressione categorizzazione sociale facciamo quindi riferimento al fatto che la percezione e l'interpretazione che diamo alle informazioni che via via riceviamo è influenzata da condizioni socialmente rilevanti (a livello di relazioni interpersonali, di identità sociale ed integrazione gruppale).
Inoltre, con l'espressione categorizzazione sociale ci si riferisce ai contenuti ovvero agli elementi sociali (specificamente individui e comportamenti) che sono oggetto di categorizzazione.
Da questo punto di vista nella prospettiva indicata da Tajfel, "il modo in cui un individuo o una cultura identificano somiglianze e differenze fra persone e gruppi del loro ambiente è il fondamento su cui si basa ogni rapporto sociale quotidiano. La categorizzazione sociale è dunque molto di più di un fatto puramente cognitivo: essa è centrale per la vita sociale, ed in quanto tale è soggetta alle influenze ed alle distorsioni delle complesse e variegate culture in cui si presenta."

La categorizzazione e, quindi, anche la categorizzazione sociale servono a semplificare la nostra vita; a consentire di muoverci all'interno della società limitando il dispendio di energie valutative connesso alle diverse necessità di orientamento ed azione.
In effetti le categorie svolgono adeguatamente la loro funzione proprio perché ci consentono di approssimarci alla realtà più che di coglierla nella sua ipotetica consistenza e veridicità. Le approssimazioni sono essenziali ai fini della riduzione della complessità e quindi dell'efficienza operativa. Anche gli errori di giudizio sono una conseguenza inevitabile del categorizzare. Il paradosso sta nel fatto che l'efficacia del processo di categorizzazione è alla base delle sue inefficienze.


Gli schemi sono modelli semplificati di lettura ed approccio della realtà: sono dei "precotti nel surgelatore della nostra mente". L’impiego degli schemi favorisce la velocità di eleborazione dell'informazione, il processo di codifica e di richiamo delle informazioni.
Gli schemi intervengono nel riempire spazi vuoti.

Si riconoscono generalmente quattro tipi di schemi:
Schemi di persone
Schemi di sé
Schemi di ruolo
Schemi di eventi (scripts)

Schemi di persone
Nel linguaggio comune, oltre che nel linguaggio scientifico, ricorrono quadri interpretativi delle differenze e somiglianze personali in forma di tipi psicologici (ad es: introverso versus estroverso). Gli schemi di persona sono tipicamente richiamati allorchè dobbiamo descrivere ad un nostro interlocutore una terza persona che egli non conosce. Anche i tipi zodiacali sottendono degli schemi di persona.

Schemi di sé
Consistono in generalizzazioni cognitive autoreferenziali (Markus, 1977). Attraverso gli schemi di sé l’individuo costruisce un’immagine propria coerente, in grado di sostenere l’organizzazione del ricordi sotto forma di memoria autobiografica, di contribuire ad anticipare e controllare il comportamento ed atta ad essere rappresentata socialmente.

Schemi di ruolo
Noi ci attendiamo che le persone si comportino in relazione alle attribuzioni del ruolo sia sociale sia professionale che le contraddistinguono e che noi riconosciamo loro.

Schemi di eventi (scripts)
Si tratta della rappresentazione di una sequenza coerente - dal punto di vista temporale e della concatenazione causale - di eventi caratteristici della vita quotidiana. Possiamo altresì concepire la quotidianità come un insieme organizzato di scripts che orientano le aspettative degli attori sociali.

mercoledì 24 ottobre 2007

esiti x servizio sociale (1^ verifica)

altieri maria 20
amore rossella 27
anelli alessandra n.s
angelone rosario n.s
baldassini martina 25
biasi anna 23
boris federica 18
bovi francesca 20
bovi serenella n.s
bracaglia valentina n.s
buonomo mariaadelina 23
caiazza anna n.s
caprarelli andrea 21
capraro gabriella 20
caputo roberta n.s
carangelo luicia 18
carcillo loredana n.s
carlino luca 25
cassese rosa n.s
cavicchia anna 18
cenci ramona n.s
centofante valentina 24
cerullo sara n.s
cocco angela 25
conetta simona 23
cristiano filomena n.s
croce luca 20
crolla silvia 29
cupini valentina n.s
d'addio antonietta 25
d'alessandro simona 18
d'alessandro carla n.s
d'arezzo lucia n.s
darini lorena n.s
de lucia mario n.s
de robbio aloessandro n.s
de robbio giovanna n.s
de simone gennaro n.s
de tora pina 21
del monaco andrea 19
del sesto antonio n.s
della posta rita 23
desiosi veronica 19
di caprio alfiera 25
di ciuccio giovanna 22
di domenico roberta 23
di fede veronica 20
di murro stefania 18
di nardo eleonora n.s
di nuccio pasqualina 23
di pietro angela 19
di puorto maurizio n.s
di rauso ada 19
di russo martina 24
di russo federica 21
di schino francesc n.s
di veglia anna 22
diana giuseppe n.s
diana rita n.s
esposito miriam n.s
evangelista chiara 20
falco lara n.s
fargnoli alessia n.s
farina eleonora 23
fattore tatiana n.s
fedele massimiliano 20
fella martina 22
ficociello rita 23
fraioli sara 23
frate maria n.s
frattarelli alessandra 19
galuppi eleonora n.s
gaudiano angela 22
gentile maria grazia 22
gernnaresi loredana 21
giannini tea 20
giansanti valeria 18
giordano marianna n.s
grco elisa 25
iannone marta 18
iasimone milena 23
ieffi cristina 19
impieri jessicalucia 24
kiszka sara n.s
laura mattei 19
lavino antonietta 19
leonardi debora 19
leone roberta 22
lepore valentina 22
leva alessia 22
lombardi mariazzurra 23
lonardo katia n.s
lozzi natalia 25
luongo maria cristina 18
macari maria 20
maccaro franco 19
maisto anna 22
mampieri michele n.s
mancone maria n.s
marrocco anna maria 19
marruccelli clara n.s
masssaroni alessandra n.s
merola sofia n.s
mollicone laura n.s
montresor nadia n.s
nannavecchia gilda 21
napolitano giuseppina 21
Narni mancinelli elena n.s
nassa daniela n.s
natale francesca 20
natale daniela 20
natale pasqualina n.s
notaro mariacristina 20
orgetta mariafernanda n.s
oriente elena 20
ottaviani ilaria 18
pagano paola 18
palumbo italia 20
palumbo chiara 18
panacci ilenia n.s
panariello cira n.s
pandozzi monica 26
panetta emilio n.s
panici manuela n.s
paolella giovanni n.s
papa raffaele n.s
pariselli sara 25
passarella valeria n.s
pellegrino marilena 18
pelloni mariateresa n.s
penna ilaria 25
perfetto marialucia 24
perna maria 23
pezzella serena 20
pittiglio noemi 20
prata luana n.s
proietta simona n.s
puzzoli elvira 22
quagliozzi alessandra 20
rapone valeria 25
raucci francesca 21
raucci giorgio 20
rea antonella 20
rea amelio n.s
red sara n.s
reveglia diego 20
riccio antonella 18
risi licia n.s
robbio nicoletta 18
rodia raffaele 21
rollo nadia 20
romenelli leontina 19
ruscillo cinzia 20
ruscito silvia 21
russo maria giuseppa n.s
salvi ermelinda n.s
salzano de luna alessandra 23
santomassimo amedeo n.s
seccaceccia francesca 20
sementilli virgilnia 21
serracino emanuela 24
soprano clorinda n.s
sorrentini alissa 20
sperduti federica n.s
terenzi franca 18
timpanelli alessia n.s
todisco cristina n.s
tomassi ilaria 22
topo elena 19
torfini giovanna n.s
torrice laura 19
vacalebre giovanni 19
valentina raso n.s
veltire cristina 19
vero miriam n.s
villani luisiana 20

esiti x scienze dell'educazione (1^ prova)

abbraccio ileni 25
acchionesonia 24
aiello alessa 22
alfieri verusca 19
aloia valeria 18
amadio annama 24
avella simona 20
balasco angelam 21
beglini stefan 24
belli emanuel 27
benevento maria 19
bertossiclaudia non sup.
biordi sonia 24
botta valeria non sup.
bottoni micaela 25
brunetti ilaria 25
bruno pamenla 23
cammarota giova non sup.
campopiano nica non sup.
candidori marat 20
capogna rosanna 24
cappuccia nata 19
capuano anna 24
cardilllo arcan 21
carlomusto sere 19
carusone maria 26
cimmino zelinda non sup.
coccia monia 20
conti9 mariet 22
corso ilaria 20
costa nadine 23
d'alessandro do 26
de luca stefani 21
de tora raffaella non sup.
de simone giuli non sup.
de vincentis fr non sup.
del signore an 21
di bello elisa 23
di carlo valent 23
di girolamo ver 25
di leone rossel 27
di leone giusep 25
di martino carm 23
di muccio ameli 18
di rollo luca 23
d'onofrio bruna 23
espositore sara non sup.
fabrizio maria 24
fattore gemma 21
ferrante valent 22
fontana assunta 21
fusco caterina non sup.
gaudino alessan 24
gronni federica 24
iorio anna non sup.
iovine amalia non sup.
lepore monica 23
maggiarra fabia 20
marotta luana 21
marrazza stefan 21
mastroianni rob 22
mignanelli chia 25
montone maria 21
nenna antonella non sup.
palazzo anna 19
pandozzi eleono 25
paniccia valent 19
paone caterina 19
papetti frances 24
pavia susanna 24
pisaturo angela 24
riccardi ida 27
romanelli elia 21
romano arturo non sup.
rossi giordano 27
rossi sara non sup.
rossi grazia non sup.
rufo luisa 22
russo patrizia 24
sabato luciana 22
sacco monica 22
sacco federica 22
sarracino giov. 28
scetta giusep. non sup.
sementilli clau non sup.
spiridigliozzi non sup.
tascione maria 22
teoli angela 24
vecchio laura 22
verdone nadia 20
zampella marian 20
zeppieri maria non sup.
zoffranieri v. non sup.

stereotipi e schemi

paradima dei gruppi minimali



H.Tajfel è il più autorevole dei ricercatori che si sono impegnati nel definire le condizioni minime in cui compare il comportamento di discriminazione tra il proprio gruppo d'appartenenza e un gruppo esterno.
Dunque, gli esperimenti a cui ci si riferisce sono quelli che hanno utilizzato il così detto paradigma dei gruppi minimali.
Il presupposto di questa formulazione è che se si dividono dei soggetti che non hanno nulla in comune (anche sulla base di criteri irrilevanti), si introduce per ciò stesso una categorizzazione intergruppo.
Tale categorizzazione è sufficiente a produrre alterazioni significative degli orientamenti di giudizio.
In uno di questi esperimenti curati da Tajfel (1971), ai soggetti sperimentali, alunni di circa 15 anni di una stessa classe, veniva chiesto di esprimere la preferenza per l'uno o l'altro di due pittori ad essi sconosciuti (Klee o Kandisky).
Nel contesto di questo studio si cercò "di eliminare dalle situazioni sperimentali tutte le variabili che di norma conducono a un favoritismo per il proprio gruppo o a una discriminazione rispetto al gruppo esterno. Queste variabili comprendevano: l'interazione faccia-a-faccia; ogni eventualità di una precedente ostilità tra i gruppi; il conflitto di interessi; tutti i legami «utilitari» o strumentali tra le risposte dei soggetti e i loro interessi individuali."
I ragazzi esprimevano la loro preferenza per uno dei due pittori dopo aver osservato alcune riproduzioni di dipinti che venivano loro mostrate e in base a tale preferenza venivano costituiti due gruppi: il gruppo Klee e il gruppo Kandinsky.
Si trattava tuttavia di due gruppi di cui i ragazzi non conoscevano la composizione; se per esempio un ragazzo aveva dichiarato di apprezzare maggiormente Klee, sapeva di essere stato inserito nel gruppo Klee ma non aveva nessuna informazione su chi fossero - tra gli altri compagni - quelli che avevano effettuato la sua stessa scelta.
In condizione di isolamento reciproco veniva a questo punto chiesto ai ragazzi di decidere la suddivisione di punti (equivalenti a somme di denaro) tra due altri soggetti anonimi (di cui conoscevano solo il gruppo di appartenenza) di volta in volta riferendosi ad alcune diverse matrici di pagamento.

In ragione di come le matrici erano strutturate, i ragazzi - che non godevano di nessun vantaggio personale in conseguenza delle loro decisioni - potevano sostanzialmente adottare tre diverse strategie di distribuzione delle ricompense:
1. potevano erogare il massimo ammontare comune del denaro (ovvero scegliere la strategia di attribuire ad ambedue i compagni di classe (indipendentemente dal fatto che fossero categorizzati come gruppo Klee o Kandinsky) la medesima cifra (evidentemente la più alta che la matrice di decisione consentiva);
2. potevano privilegiare il criterio del massimo profitto a favore dei membri del gruppo di appartenenza (senza curarsi di quanto toccava ai membri dell'altro gruppo);
3. potevano optare per quella alternativa che rendeva massima la differenza tra quanto era dato ai membri del gruppo di appartenenza e quello che veniva dato ai ragazzi dell'altro gruppo. In tal caso (di massimo vantaggio differenziale) ottenevano un minor vantaggio assoluto (rispetto alle alternative precedenti).
Ad esempio, con riferimento a due delle matrici utilizzate, scegliendo 13/13 tanto sulla prima che sulla seconda, i ragazzi assicuravano senza discriminazioni ai loro compagni di classe un medesimo comune vantaggio; scegliendo 19/1 sulla prima matrice avvantaggiavano enormemente un compagno del proprio gruppo pittorico rispetto al compagno dell'altro gruppo e nel contempo ottenevano il miglior risultato assoluto possibile; optando per la soluzione 7/1 potevano confermare il vantaggio 'interno' ma non avrebbero offerto al compagno del proprio gruppo pittorico il massimo risultato possibile (che è conseguibile scegliendo 19/25 ma ciò significa anche fare guadagnare di più il ragazzo dell'altro gruppo pittorico).
Di tali strategie, la prima (massimo profitto comune) è risultata essere assai poco perseguita; il massimo profitto a favore del gruppo di appartenenza aveva una certa importanza, ma il più delle volte non quanto il raggiungimento di una massima differenza in favore del gruppo di appartenenza.
Dai risultati è dunque emerso che la strategia più influente sulle decisioni era il raggiungimento di una massima differenza relativa in favore del gruppo d'appartenenza, anche se altre strategie erano più 'razionali' o 'utili' che non la diversificazione di comportamento in relazione all'appartenenza ai gruppi.
In altri termini: lo studio di Tajfel ha evidenziato come più attrattiva per i soggetti la prospettiva di assicurarsi una cifra superiore a quella dell'altro gruppo anziché quella di conseguire un vantaggio in assoluto più elevato ma attraverso una strategia di compensazione del gruppo esterno.
Pertanto è possibile inferire che una categorizzazione in due gruppi minimali, basata su criteri irrilevanti può essere condizione sufficiente per generare un comportamento di discriminazione tra i gruppi e quindi a un favoritismo nei confronti dei membri del proprio gruppo.
Anche alla luce di successivi approfondimenti sperimentali, Tajfel osserva:
"Può essere utile considerare le differenze tra le serie di risultati da noi ott¬nuti, e i risultati del lavoro precedente relativamente piú vicino, nella concezione e nel metodo, alle ricerche descritte in questa sede: il lavoro di Sherif sul conflitto intergruppo. Il suo scopo consisteva nell'indagare, in maniera chiara e esplicita, gli effetti di un conflitto tra gruppi a somma zero [vinco io, perdi tu; n.d.r.], introdotto in maniera chiara e esplicita, sugli atteggiamenti verso il gruppo esterno e sul conseguente comportamento dei soggetti. Inoltre, l'affiliazione nei confronti di un gruppo e l'ostilità nei confronti del gruppo esterno furono entrambe intensificate attraverso una prolungata interazione intragruppo dei soggetti stessi. Nei nostri esperimenti, non c'era un conflitto esterno ben definito; se esisteva una qualche competizione (cioè, atti che avevano come scopo una differenziazione tra i gruppi in favore del proprio), essa era stata introdotta completamente e attivamente nella situazione dai soggetti stessi, dopo che gli sperimentatori avevano da parte loro introdotto la nozione di gruppo. I soggetti non avevano mai fatto parte insieme di un "gruppo", non avevano mai interagito né sapevano chi apparteneva al proprio gruppo e chi all'altro; su di loro, non era stata esercitata alcuna pressione sociale esplicita ad agire in favore del proprio gruppo; e il loro interesse individuale non era in alcun modo implicato nell'assegnazione di una somma di denaro maggiore a un membro del proprio gruppo. Al contrario, un uso sistematico della strategia del massimo profitto comune, avrebbe potuto far sí che tutti i soggetti ricevessero piú denaro dagli sperimentatori."
E questo supposto bisogno di differenziazione (o di precisare la specificità psicologica tra i gruppi) che sembra produrre, a certe condizioni, il risultato piú importante in base alla sequenza categorizzazione sociale - identità sociale - confronto sociale.
In effetti con il suo contributo sperimentale Tajfel ha dato avvio ad un inesausto dibattito sulle ragioni che portano alla discriminazione tra gli individui in quanto appartenenti a gruppi diversi. Tra le spiegazioni più significative vi è quella avanzata di Willem Doise in termini di processi di categorizzazione. Doise [1976], richiamandosi in particolare allo studio di Tajfel e Wilkes [1963], afferma che i comportamenti discriminanti e i giudizi tendenziosi sono frutto di un processo cognitivo fondamentale quale è quello della differenziazione categoriale. Tale processo, come abbiamo avuto modo di riferire, consiste in una accentuazione delle differenze intercategoriali e in una accentuazione dei fattori di somiglianza intracategoriale.
La funzione del processo di differenziazione - ben chiarisce R. Brown - è "quella di perfezionare le distinzioni tra le categorie - e corrispondentemente, confondere le differenze al loro interno - per migliorare l'organizzazione e la strutturazione del nostro mondo fisico e sociale."

martedì 23 ottobre 2007

seconda parte del corso



apro questo post perchè i commenti al post precedente (avviso importante)sono diventati troppi. Ma per iniziare la seconda parte del corso, non posso non partire dall'ultimo commento.
di Holiday.
rispondo volentieri ad holiday per due ragioni: intanto perchè mi permette di non avere un contatto con un "anonimo qualunque" e lui è holiday! è fatta salva la sua privacy (l'anonimato) ma si esprime come una persona a cui posso pensare perchè ha dato un nome - anche se un nome qualsiasi - all'anonimato: il suo nick (un'etichetta personale) è sempre un bene per tutti voi e per me, perchè le identità contano molto (soprattutto per gli psicologi sociali).
Eppoi rispondo volentieri perchè ripropone una questione che si rivela "più difficile" di quanto non dovrebbe tutto sommato essere se noi fossimo liberi dagli schemi: la questione del velo islamico. ragioniamoci per l'ennesima volta sù e vi ricordo la domanda:
Il velo islamico dimostra che in quelle società le donne non sono libere. VERO o FALSO?
La difficoltà ad individuare la risposta psicosociale (ovvero usare le conoscenze che stiamo cercando faticosamente di mettere insieme)sta nel riuscire non rispondere mai ad una domanda senza chiedersi in base a quale categoria io sviluppo il ragionamento.
la questione (e la difficoltà) nasce dal fatto che dovete "connettere" l'idea di libertà che avete in testa (SENZA VELO o CON IL VELO) con il fatto di APPARTENERE O MENO ad una categoria: donna musulmana. Se pensate come occidentali la risposta sarà tendenzialmente vera (possiamo ragionevolmente affermare che nessuna ragazza italiana vorrebbe che fosse istituita l'imposizione del velo!) ma provate a modificare il vostro punto di vista! provate a rispondere alla stessa domanda da donna musulmana! che risposta dareste? vero o falso? qualcuna di voi potrebbe dire vero (come un'occidentale! e dunque dimostrerebbe di essere libera di liberarsi della sua identità! e questo con e senza il velo).
ma la probabilità maggiore è che le donne musulmane (quelle che REALMENTE condividono quest'appartenenza), rispondano FALSO!
Il velo è un oggetto culturale e dunque la sua accettazione o meno (con le sue ricadute su ciò che viene inteso come libertà) dipende dall'etichetta a cui ci riferiamo o attraverso la quale siamo influenzati.
Dunque per la psicologia sociale la risposta alla domanda sarebbe VERO solo SE l'affermazione fosse espressa così: per i non musulmani (occidentali, ecc,) il velo islamico è la dimostrazione ecc.... SE così non è, la risposta non può che essere FALSO.
In psicologia sociale le verità sono sempre situate e contestuali.

lunedì 15 ottobre 2007

avviso importante

mi spiace dovervi richiedere di superare una prova prima ancora del test ma è necessario spostare le verifiche per problemi di sicurezza ed organizzazione.
dunque attenzione e pazienza.
innanzitutto sono annullate TUTTE le mie lezioni di martedi 16 e mercoledi 17 e poi cambiano date ed aule dei test:

x scienze dell'educazione: la verifica slitta al pomeriggio (ore 15.00) di martedi 16 e si terrà nell'aula 1 di v.mazzaroppi, alle 15.00 per gli studenti A-I e ore 16.00 L-Z

x servizio sociale: la verifica è spostata alle ore 9 di mercoledi 17 aula 2 di via bellini. alle 9.00 per gli studenti A-I e ore 10.00 L-Z.

vi raccomando libretto o carta di identità

martedì 9 ottobre 2007

verifica intercorso



martedi 16 ottobre è la data della verifica intercorso sia per gli studenti della laurea specialistica (ore 11.00) sia per quelli del servizio sociale (15.00).
l'inizio della prima verifica potrà iniziare con qualche minuto di ritardo per via di un consiglio di dipartimento prefissato. Potrebbero esserci variazioni anche per l'aula in cui le prove si terranno. Eventuali novità saranno segnalate con correzione di questo stesso post.

si raccomanda a tutti di portare con sé: un documento di riconoscimento (libretto o c.i.) nonchè penna, matita, gomma, temperamatite.

l'influenza minoritaria



Con il tema dell'influenza minoritaria abbiamo "completato" (si fa per dire) il discorso sull'influenza sociale.
Quello che vi deve essere chiaro è che l'influenza minoritaria comporta una maggiore assunzione di responsabilità da parte del soggetto che cerca di influenzare (è una minoranza che si contrappone ad una maggioranza!) e che per essere efficace la fonte minoritaria deve essere consistente.
Fate attenzione alle differenze tra modello funzionalista e genetico, e al tema della conversione (after effect).

martedì 2 ottobre 2007

la conformità


La conformità è una proprietà biologica prima che sociale. Ma la conformità sociale aggiunge qualcosa alla conformità biologica: aggiunge valori, ideologie, credenze, fedi,categorie, schemi interpretativi (euristiche) da cui conseguono comportamenti che talvolta ci favoriscono e talvolta ci rendono incapaci di agire a vantaggio di noi stessi in quanto individui, gruppi umani, culture e specie.